Specialista in ODONTOSTOMATOLOGIA – Università di Torino
Perfezionamento in IMPLANTOLOGIA – Università di Milano
Master 2° liv. in CHIRURGIA ORALE – Università di Roma
Specialista in ODONTOSTOMATOLOGIA – Università di Torino
Perfezionamento in IMPLANTOLOGIA – Università di Milano
Master 2° liv. in CHIRURGIA ORALE – Università di Roma
I batteri presenti nella placca, trasformano gli zuccheri in acidi, i quali possono intaccare prima lo smalto e poi la dentina, dando luogo alla formazione di una cavità ( carie dentale), che se non curata, può ingrandirsi distruggendo progressivamente il dente, Un dente attaccato dalla carie non guarisce quasi mai da solo; ecco perché la prevenzione e la cura sono così importanti.
La placca è una pellicola bianco-giallastra composta da batteri, residui di cibo e saliva, che si attacca ai denti, soprattutto nei punti in cui la pulizia risulta più difficile: solchi dentali della superficie masticatoria, spazi tra dente e dente e bordo gengivale.
La predisposizione può essere di natura ereditaria, ma dipende anche da altri fattori: denti storti o molto vicini tra di loro, la cui pulizia risulta difficile; denti con solchi molto accentuati, nei quali placca e residui alimentari ristagnano più facilmente; condizioni fisiologiche quali gravidanza ed allattamento. che a causa di modificazioni ormonali alterano la composizione salivare.
La carie dentale inizia dallo smalto, il tessuto duro che ricopre il dente: esso è il tessuto più duro del nostro corpo, ed anche il più ricco di minerali. Nella fase iniziale, quando la carie è limitata allo smalto, questo diventa prima di colore bianco pallido, rimanendo liscio, per poi diventare ruvido. Durante questa fase è ancora possibile un processo di “autoguarigione” del dente, effettuando una corretta igiene orale con prodotti a base di fluoro e limitando l’introduzione di zuccheri.
Se non viene curata durante questo stadio progredisce formando una cavità nello smalto.
La carie può raggiungere la dentina. I tubuli dentinali sono comunicanti con la polpa, dove si trovano i nervi dentali, quindi molto spesso il dente diventa sensibile al caldo, al freddo e ai cibi dolci. Progredendo ulteriormente, la carie può raggiungere la polpa dentale, provocando un infiammazione, spesso dolorosa, che nei casi più gravi può coinvolgere anche il tessuto osseo.
La carie dentale si sviluppa più rapidamente e più frequentemente nei denti dei bambini e dei ragazzi, nei quali può essere utile un trattamento di sigillatura dei solchi. Tuttavia, è comune anche tra gli adulti e gli anziani; talvolta può svilupparsi attorno al bordo di un otturazione indebolita o fratturata dal tempo e dall’usura. Tra gli adulti si possono inoltre verificare carie che colpiscono le radici dei denti, quando queste risultino scoperte dall’abbassamento delle gengive (recessione gengivale). La radice del dente non essendo ricoperta dallo smalto dentale è infatti, più suscettibile alla carie.
Per curare un dente cariato, il vostro dentista rimuoverà la parte di dente danneggiata dalla carie fino a trovare tessuto sano. La cavità così ottenuta viene poi disinfettata e, il dente viene restaurato con materiale scelto in base alla posizione del dente, alla grandezza e alla posizione della cavità ottenuta, ad esigenze estetiche, masticatorie e di robustezza del restauro,
In base ai criteri sopraelencati, il dente può essere restaurato con un’otturazione, un intarsio, una corona, una faccetta, etc. Quando la carie è molto profonda, può essere necessarìo eseguire un trattamento più lungo e complesso (cura canalare) per salvare il dente, prima di procedere con un restauro.
Nella diagnosi di malattia parodontale si valuta: presenza di placca e tartaro, gonfiore e sanguinamento gengivale, sensibilità, mobilità e migrazione dentale. La radiologia aiuta a valutare la perdita di osso attorno ai denti. In condizioni normali il solco gengivale è profondo circa 2,3 millimetri.
Nel caso di malattia parodontale, questo spazio può aumentare formando una tasca parodontale dove si accumula la placca batterica, l’igiene risulta quindi difficile. È essenziale distinguere la gengivite dalla parodontite. Si esegue la diagnosi con una sonda che, inserita tra dente e gengiva misura la profondità in millimetri della tasca parodontale (più profonda è la tasca, più grave è la parodontite).
L’otturazione dentaria od otturazione odontoiatrica, intesa come procedura operativa, è una tecnica restaurativa volta al riempimento di una cavità creatasi in un dente in seguito ad un evento patologico o traumatico, allo scopo di recuperarne la funzione e la morfologia originaria. La procedura richiede spesso l’esecuzione di una anestesia locale, e quindi l’asportazione del materiale patologico eventualmente presente, il riempimento della cavità con il materiale apposito, e la sua rifinitura e lucidatura.
Con il termine otturazione dentaria viene altresì definito anche il frutto dell’intervento operativo, ovvero la massa del materiale una volta terminata l’operazione di posizionamento nel dente.
La tecnica di otturazione tipica prevede una fase di preparazione della cavità che include un’accurata asportazione dell’eventuale tessuto patologico, quindi una fase di riempimento della cavità, ed una fase finale di rifinitura e lucidatura. A seconda dei materiali utilizzati questo schema può prevedere alcuni passaggi aggiuntivi, legati alle diverse necessità dei materiali stessi. Nel caso di lesioni medio-ampie è spesso necessario ricorrere all’anestesia locale, mentre in presenza di lesioni superficiali, e nei denti con dentina molto sclerotica l’anestesia può risultare superflua. Nel caso più comune, in presenza di una lesione cariosa, gli strumenti utilizzati per accedere alla cavità patologica e asportare il tessuto infetto sono abitualmente i manipoli rotanti ad alta velocità (turbine) e quelli a bassa velocità (manipolo contrangolo). Nel caso di raggiungimento di profondità tali da mettere in pericolo la vitalità dei tessuti pulpari, può essere usato un sottofondo protettivo.
La ricostruzione delle pareti che si appoggiano ai denti vicini (approssimali) viene effettuata utilizzando nastri sottili sagomati (matrici) e cunei, che permettono la ricostruzione del corretto punto di contatto. In caso di perdita estesa di tessuto dentale, con scarso sostegno delle pareti residue e delle cuspidi, ed a maggior ragione nel caso di dente devitalizzato, la tecnica di otturazione diretta può risultare inadeguata e dagli esiti poco predicibili, e andranno quindi prese in considerazione tecniche di ricostruzione indirette con ricopertura cuspidale, come intarsi onlay e corone protesiche.
Nel caso vi sia impossibilità di concludere il trattamento conservativo e/o endodontico in una sola fase, si effettua un’otturazione provvisoria della cavità, usando materiali che possono essere facilmente asportati, permettendo il completamento della procedura con l’adeguato materiale definitivo in una fase successiva. La composizione di questi materiali è variabile. Il periodo di mantenimento dell’otturazione provvisoria deve essere preferibilmente breve, poiché la stabilità e la capacità di sigillo dei margini di questi materiali nel tempo è poco affidabile, esponendo il dente a rischi sempre maggiori di infiltrazioni e fratture.
I materiali metallici sviluppati per le otturazioni definitive in odontoiatria sono l’oro coesivo, oramai di interesse puramente storico, e l’amalgama d’argento. Questa tipologia di materiali richiede una tecnica di preparazione di cavità ritentive dotate di sottosquadri, in quanto non è possibile ottenere una vera adesione tra materiale e dente, e quindi la ritenzione deve essere necessariamente meccanica. Ciò in molti casi implica il sacrificio di tessuto sano, con un sostanziale indebolimento della struttura dentaria residua, fattore che, unito alla scarsa estetica, ha portato ad un progressivo diminuzione nell’uso di questi materiali.
La presenza di metalli pesanti sconsiglia il loro uso, perché messi in relazione con alcune malattie neurologiche da alcuni studi scientifici.
I materiali estetici sono i più diffusi nella moderna odontoiatria conservativa, e sono rappresentati dalle resine composite e dai cementi vetroionomeri, o dalla loro combinazione. Il loro ampio successo è legato alle notevoli capacità mimetiche ed alla possibilità di fornire un certo grado di rinforzo alle strutture dentali a cui aderiscono, fattori comunque che richiedono il rispetto di alcuni principi. Per entrambi questi materiali è richiesto uno stretto controllo durante le fasi dell’otturazione, in quanto la contaminazione delle superfici può compromettere in misura sensibile l’adesione ai tessuti dentali, portando come conseguenza la formazione di carie secondarie. Per questo è decisamente consigliato un sistema affidabile per l’isolamento del campo di lavoro, ed in tutti i casi in cui sia possibile, l’uso della diga dentale.
Le resine composite comunemente usate in odontoiatria sono formate dall’unione tra un riempitivo in fase dispersa a base ceramica, un legante organico (matrice), di solito appartenente alla categoria dei metacrilati, ed un agente accoppiante (silano). Sono inoltre presenti dei pigmenti per conferire il colore ed il grado di translucenza/opalescenza voluta, e, nel caso dei compositi fotoindurenti (di gran lunga i più utilizzati), un fotoiniziatore, la cui attivazione attraverso una luce a lunghezza d’onda predefinita permette l’indurimento del materiale.
I cementi vetroionomerici sono materiali che si formano dalla reazione tra microparticelle di vetroceramica, a base silico-alumino-fluorosa, con un acido a base organica, principalmente acido poliacrilico, maleico ed itaconico. L’unione di questi componenti permette all’acido di reagire con le particelle vetrose, formando un gel ad alta viscosità in cui la matrice di policarbossilato ingloba e stabilizza le particelle di polvere.
La divisione in classi di Black, creata alla fine del diciannovesimo secolo per i materiali non ritentivi e basata sulla localizzazione ed estensione del difetto cavitario principale, rimane ancora oggi la più utilizzata per semplicità, anche se le moderne tecniche restaurative che utilizzano le tecniche adesive tendono a rispettare meno i confini di questa classificazione.
La durata nel tempo di una otturazione dentaria è variabile, e correlata ad alcuni fattori, tra cui di particolare importanza sono il tipo di materiale usato, il grado di sollecitazione funzionale, le capacità dell’operatore ed il grado di mantenimento igienico del paziente.
Si tratta di un processo irreversibile (solo carie microscopiche hanno qualche possibilità di rimineralizzarsi). Una volta individuata la carie, è preferibile curarla subito, anche se il dente non fa male: essa infatti progredisce danneggiando seriamente il dente, a volte in maniera irreparabile. Curare un dente cariato ne migliora la funzionalità masticatoria ed estetica, ed è importante anche per evitare che la carie coinvolga i denti vicini.
Restaurare un dente cariato durante lo stadio iniziale, comporta un procedimento più semplice ed economico rispetto ad una cura canalare o ad altre procedure che possono rendersi necessarie quando la carie ha già seriamente danneggiato il dente.
Per ottenere i migliori risultati nel ripristinare la salute dei denti colpiti da carie, effettuiamo le otturazioni con i materiali più moderni e sicuri: i compositi, che grazie alla loro struttura, garantiscono robustezza ,resistenza ed effetto estetico. L’utilizzo dei compositi (otturazioni bianche) permettono al dentista di essere meno invasivo nel trattare le carie rispetto al passato quando veniva utilizzata l’amalgama d’argento che presupponeva delle preparazioni dentali più invasive per ottenere la ritenzione meccanica dell’otturazione; sono cambiati quindi gli orientamenti terapeutici che hanno l’obbiettivo di curare il più precocemente possibile le carie per conservare il più possibile la sostanza dentale in modo tale che il dente sia meno fragile ai carichi masticatori.
Questo obbiettivo, al giorno d’oggi , è possibili attraverso le tecniche di restauro che utilizzano, grazie ai progressi della tecnologia, i moderni adesivi smalto-dentinali e i nuovi materiali compositi. Nelle situazioni cliniche in cui gli elementi dentali sono gravemente compromessi vengono sempre di più utilizzati gli intarsi in composito: per esempio nei restauri post endodontici o nei restauri di denti vitali con la compromissione di una o più cuspidi. Gli elementi dentali sottoposti a terapia endodontica presentano la necessità di un restauro in grado di ripristinare le performance meccaniche dell’elemento dentale integro.
Fino a qualche tempo fa, il restauro post endodontico per eccellenza era ritenuto la corona protesica più associato all’utilizzo del perno moncone;con le nuove tecniche adesive si utilizzano gli intarsi in composito (overlay). Gli intarsi permettono di salvaguardare la struttura dentale sana rimasta e di ricostruire con ottimi risultati estetici e funzionali, anche parti del dente estese.Costituiscono una valida alternativa alle otturazioni in denti danneggiati da carie o usura che tuttavia, non hanno bisogno di essere ricoperti con capsula.
Gli Intarsi possono essere fatti di ceramica o di composito.Fino a qualche anno fa, la tecnica degli intarsi era limitata all’uso dell’oro, ma attualmente l’utilizzo di materiali dello stesso colore del dente sono in grado di conferire ai restauri con intarsi, ottimi risultati estetici.Il materiale più adatto al caso sarà scelto in base ad esigenze estetiche , tenendo in considerazione anche il notevole carico masticatorio al quale i denti posteriori sono sottoposti.
Oggi l’utilizzo degli intarsi in composito rappresenta l’opportunità di limitare l’invasività delle nostre metodiche restaurative, mantenendo i margini del restauro fuori dal solco gengivale, ripristinando efficacemente le caratteristiche biomeccaniche degli elementi trattati.
Un intarsio può essere fatto per varie ragioni:
Inizialmente, il dente viene preparato rimuovendone la parte danneggiata e modellato in maniera tale da poter alloggiare l’intarsio. Un’ impronta del dente viene poi rilevata in modo da ottenere un modello dal quale viene costruito l’intarsio. L’intarsio viene posizionato nella cavità mediante un cemento composito , per ottenere un risultato bio meccanico ottimale e un estetica migliore.
I colletti dentali scoperti sono una cosa, le erosioni dentali sono un’altra.
Esistono prodotti specifici per entrambe le problematiche, alcuni da banco, alcuni per operatori iscritti all’albo dei medici e degli odontoiatri.
Le cause essenzialmente risiedono:
Eliminate le cause, talora si assiste ad un modesto miglioramento. Comunque le tecniche chirurgiche sono molteplici e la scelta ricade sulla meno aggressiva e più praticabile, e non sono sempre possibili (i livelli dell’osso interdentale sono determinanti per il buon esito, nel senso che se l’osso si è abbassato di livello la ricopertura dei colletti dentali con gengiva non è possibile).
Piccolissime o anche grandi recessioni gengivali possono anche essere trattate con semplici coperture in resina composita (quella delle normali otturazioni). La recessione gengivale è un “ritirarsi” causando un “denudamento” della radice a partire dal colletto del dente. Molti confondono una piccola recessione gengivale con una erosione dello smalto al colletto del dente. Quindi la prima diagnosi differenziale da stabilire è proprio questa. Se fossero erosioni, vanno curate subito con una semplice otturazione estetica ma anche qui bisogna fare una diagnosi differenziale: ossia se siano erosioni in presenza od in assenza di recessioni gengivali, perché se fossero in presenza di recessioni gengivali, andrebbero curate prima le recessioni e solo dopo le erosioni perché facendo il contrario, non si potrebbe più curare chirurgicamente la recessione per il semplice fatto che il riposizionamento della gengiva aderente sopra un colletto scoperto non attecchirebbe perché incontrerebbe il materiale artificiale del composito usato per curare la erosione. Confermato che si tratti invece di recessioni gengivali, bisogna valutare se queste sono nella compagine della gengiva aderente o se sono già sfociate nella linea di giunzione mucogengivale e nella mucosa alveolare.
Mentre la prima gengiva è rosa e aderisce all’osso sottostante e circonda i denti proteggendoli dal bolo alimentare e da altri stress ed insulti, la seconda gengiva, violacea, elastica, sottile, che si estende sul fornice della bocca e poi sulle labbra (parte interna), non è adatta ad avere la funzione di gengiva marginale che ha la prima e si crea una patologia che porta alla perdita del dente. Dal punto di vista funzionale le seconde recessioni descritte (quelle che arrivano ed oltrepassano la linea di giunzione mucogengivale), vanno curate con la chirurgia parodontale mucogengivale. Quelle che fossero nella compagine della prima gengiva non vanno curate per problemi perché non danno problemi funzionali ma solo estetici.
Qui interviene il giudizio del dentista che valuta la armonia della festonatura delle gengive e se questa fosse molto sconvolta, allora andrebbero curate anche queste perché un cambiamento di forma della gengiva causa sempre un cambiamento di forma dell’osso parodontale causando prima o poi una patologia funzionale dell’unità dento-gengivale. Insomma il concetto è questo: il dente, il colletto del dente, la gengiva che lo circonda e l’osso che la sostiene hanno quella forma perché devono svolgere una funzione. Se perdono la forma, perdono la funzione e se uno dei componenti anatomici detti perdesse la forma, la farebbe perdere anche agli altri componenti.
Solo se le recessioni fossero molto piccole, in assenza di erosioni, nella compagine della gengiva aderente, senza alterazione evidente della festonatira e delle forme gengivali e dei suoi rapporti con la corona clinica e con l’osso, allora si può aspettare e tenere la situazione sotto controllo con:
L’ipersensibilità è un problema per molti pazienti poiché rende complessa sia l’igiene professionale che domiciliare. Si viene a creare un circuito vizioso in cui la placca irrita i colletti e la sensibilità termica impedisce la rimozione della placca. Si può quindi effettuare le otturazioni del colletto o di V Classe al fine di proteggere le radici o le zone di erosione e facilitare la rimozione della placca.
Per contattare lo staff dello Studio Dentistico del Dr. Massimo Cappella e prenotare un appuntamento, richiedere informazioni e preventivi, è sufficiente compilare il form presente in questa sezione. Si riceveranno in brevissimo tempo risposte chiare e precise in grado di soddisfare tutte le esigenze.
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